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  Stampa questa scheda Data della recensione: 7 novembre 2009
 
di Philippe Lioret, con Vincent Lindon, Firat Ayverdi, Audrey Dana, Derya Ayverdi (Francia, 2008)
 
Quando la fantasia si sovrappone alla realtà; per denunciarne con emozione decuplicata, oltre alle aberrazioni, quanto di più intimo si nasconde dietro di essa.

La realtà è quella di Calais, dove vagano centinaia di emigranti clandestini in attesa di un mezzo più o meno disperato per raggiungere l'Inghilterra. E' il primo aspetto del sesto film di Philippe Lioret, ex tecnico del suono passato ad una regia che ha già dato prova di grande sensibilità (L'EQUIPIER; JE VAIS BIEN, NE T'EN FAIS PAS): uno sguardo da documentarista penetrante, su delle miserabili situazioni che già altri hanno descritto con notevole efficacia (IN THIS WORLD, di Michael Winterbottom).

Ma è la finzione a sovrapporsi a questo quadro già drammatico. Respinto una volta ancora dai cani delle guardie, al giovanissimo Bilal, il curdo dal viso così limpido che vuol raggiungere la fidanzatina a Londra prima che questa sia costretta al matrimonio impostole dal padre, non rimane che un ultimo tentativo. Imparare a nuotare, per attraversare a nuoto la Manica. Ed è quanto indovinerà l'altro protagonista del film, Simon. Vecchio campione di nuoto monitore alla piscina pubblica, quaranta e passa anni di un temperamento veemente e a lungo trattenuto che si stampano in ogni piega, in ogni minimo riflesso di una delle più belle interpretazioni della carriera di Vincent Lindon.

Ma la bellissima sceneggiatura di Lioret non si limita a quello che indoviniamo essere il progressivo avvicinamento del burbero Simon ad un imprevisto, accorato sostegno edipico. Simon si sta separando dalla moglie: una separazione nella calma di una profonda, e in tal modo vieppiù dolorosa, presa di coscienza. Però WELCOME non è un melodramma, e di conseguenza non sfocia nella più consolatoria delle commozioni. Ma è la storia dell'impossibilità per due solitudini di vivere nella privazione dell'amore.

Riuscendo a fare interagire il dramma pubblico dell'emigrazione, e delle sue conseguenze sociali e politiche, con quello privato dell'esclusione esistenziale, e delle sue conseguenze all'interno di un individuo, Lioret magnifica la portata emotiva del suo film.

Nel perfetto contenitore di suoni, colori, musiche (di Nicola Piovano) rappresentato dal microcosmo che gravita attorno al porto di Calais, sullo sfondo dei ferries illuminati che fanno la spola con le agognate bianche scogliere di Dover, la regia sobria fino ad uno splendido pudore del regista, la scelta, la direzione e l'interpretazione degli attori conferiscono alla denuncia un enorme accento di verità; ed alla dimensione civica e umanistica uno slancio forte oltre che commovente.

Non aspettatevi allora che vi riveli se al bagnino Simon riuscirà di fare attraversare la Manica a nuoto al giovane Bilal. E nemmeno se si aggiusteranno le cose con una moglie assistente sociale con la quale condivide ancora molto. Non è tanto questo che conta in WELCOME. Importa il sentimento, preziosissimo in termini umanistici ma anche sociali e politici, che il film trasmette progressivamente in filigrana: come, grazie al suo progressivo interessamento alle sfortune del piccolo curdo, grazie all'apertura della propria misantropia nei confronti del dramma universale che gli sta attorno, Simon riuscirà a raggiungere un poco della serenità perduta. Nei suoi rapporti con chi gli sta accanto; ma soprattutto con sé stesso.


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